Il Disturbo da stress post-traumatico (PTSD) è una patologia che può svilupparsi in persone che hanno subìto o hanno assistito (direttamente o indirettamente) a un evento traumatico.

Disturbo da Stress Post-Traumatico
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Cause del Disturbo da stress post-traumatico

Il PTSD si sviluppa conseguentemente a uno o più traumi fisici o psicologici come, ad esempio:

  • Disastri naturali (terremoti, incendi, alluvioni, uragani…)
  • Guerra
  • Tortura
  • Minaccia di morte
  • Incidente automobilistico
  • Rapina
  • Disastro aereo
  • Lutto complicato
  • Maltrattamento
  • Trascuratezza nell’infanzia
  • Abuso fisico e sessuale (nell’infanzia o in età adulta)
  • Abuso psicologico nel lungo periodo
  • Bullismo
  • Aggressione
  • Discriminazioni (per genere/orientamento sessuale/etnia/religione)

Mentre i fattori di rischio del Disturbo da stress post-traumatico vengono suddivisi in:

  • Fattori pre-traumatici (preesistenti all’evento traumatico)
  • Aspetti del trauma (caratteristiche del trauma in sé)
  • Fattori post-traumatici (riguardanti la condizione della persona in seguito al trauma)

Vittime del Disturbo da stress post-traumatico

Incidenti stradali, aggressioni, calamità naturali sono eventi potenzialmente all’ordine del giorno. Chi ne è, sfortunatamente, vittima, può sviluppare il Disturbo da stress post-traumatico. In particolare, alcune categorie professionali, come poliziotti, vigili del fuoco, militari o personale sanitario, hanno più probabilità di essere esposte a episodi sconvolgenti. È quando la sofferenza della vittima si prolunga per più di un mese dal trauma e influenza negativamente la sua vita interpersonale e professionale che va, quanto meno, ipotizzata una diagnosi di PTSD.

Sintomi del Disturbo da stress post-traumatico

Essendo, quindi, una condizione di disagio mentale complessa che può derivare da molteplici fattori, la diagnosi di PTSD non è né univoca, né semplice. Le persone, infatti, hanno una diversa suscettibilità e vulnerabilità alla condizione di stress. Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM-5), per diagnosticare il Disturbo da stress post-traumatico vanno valutati i seguenti criteri:

Esposizione a un evento traumatico

Alcuni esempi di evento traumatico sono morte/minaccia di morte, gravi lesioni o violenza sessuale. Come già accennato sopra, l’esposizione può avvenire in diversi modi:

  • Esperienza diretta (la vittima vive il trauma in prima persona);
  • Esperienza indiretta (la vittima viene a conoscenza di un evento traumatico violento e/o accidentale successo a una persona intima o, nel caso dei bambini, a una figura di accudimento);
  • Estrema e reiterata esposizione a dettagli scioccanti dell’evento traumatico (la vittima può essere, ad esempio, uno dei primi soccorritori in seguito all’evento in questione – esposizione diretta – oppure un giornalista continuamente a contatto con particolari crudi dell’evento in questione – esposizione diretta).

Risperimentazione

La vittima si trova a rivivere continuamente il trauma subito sia sotto forma di brevi flashback, sia perdendo completamente la consapevolezza dell’ambiente circostante, ma anche tramite incubi. La risperimentazione del trauma provoca terrore e reattività fisiologica (battito accelerato, sudorazione, tensione muscolare, nausea…) e può avvenire spontaneamente o in seguito a trigger (stimolo esterno che riporta improvvisamente il soggetto a una precedente esperienza traumatica).

Evitamento

Nel tentativo di evitare la risperimentazione del trauma, la vittima può cominciare ad attuare una strategia di coping detta, appunto, evitamento, sfuggendo da situazioni esterne, come attività che fino a poco prima erano quotidiane/normali, persone, argomenti di conversazione ecc. che potrebbero ricordare anche solo lontanamente l’evento traumatico. Nel lungo periodo, questa strategia risulta deleteria, in quanto può portare il soggetto a cambiare radicalmente le proprie abitudini pur di non essere continuamente turbato. L’evitamento si può manifestare anche in altri modi: portando, ad esempio, all’abuso di alcol e droghe, a comportamenti compulsivi, al gioco d’azzardo o persino ad atti di autolesionismo. Oltre alla conduzione di una vita normale, l’evitamento finisce per ostacolare anche l’elaborazione stessa dell’esperienza traumatica.

Alterazione negativa di pensieri ed emozioni

Dopo il trauma, la vittima potrebbe sviluppare convinzioni negative errate su se stessa o sugli altri, pensieri come: “sono cattiva”, “quanto è accaduto è solo colpa mia”, “non ci si può fidare di nessuno”, “tutti vogliono sfruttarmi/abusarmi”, “non esistono luoghi sicuri”, “non esiste alcuna speranza per il futuro” in seguito a emozioni negative quali senso di colpa, vergogna, rabbia, paura. Spesso, si reagisce alle emozioni dolorose cominciando ad attuare il distacco e, conseguentemente, estraniandosi da situazioni comuni, persone care, attività precedentemente preferite, cadendo dunque in una terribile condizione di apatia. Anche la memoria può risultare considerevolmente alterata, portando a un fenomeno noto come “amnesia post-traumatica”.

Iper-arousal (iperattivazione)

In situazioni pericolose, ci attiviamo per combattere quello che sta accadendo, con l’obiettivo di proteggerci e/o fuggire. Di solito, questo stato di attivazione (arousal) non si manifesta in condizioni normali. Nel caso del PTSD, invece, questa modalità difensiva risulta continuamente attivata, provocando uno stato costante di iper-arousal, che praticamente non si esaurisce. Il soggetto è continuamente ipersensibile ai potenziali segnali di pericolo, è costantemente in allerta e vive in uno stato di ipervigilanza e tensione che interferisce non solo con le attività quotidiane, ma anche con l’igiene del sonno.

Se quest’insieme di sintomi persiste per più di un mese, crea sofferenza e non si può attribuire ad abuso di sostanze stupefacenti o ad altre condizioni mediche, si è, con ogni probabilità, in presenza di Disturbo da stress post-traumatico.

Conseguenze del Disturbo da stress post-traumatico

Altre conseguenze del Disturbo da stress post-traumatico sono ansia, depressione, disturbi del comportamento alimentare, insonnia, somatizzazione, dipendenze, istinti suicidi, difficoltà nella sfera sessuale e nel controllo degli impulsi. Possono sopraggiungere, inoltre, anche disturbi legati all’identità, come il Disturbo Dissociativo, il Disturbo Borderline di Personalità, il Disturbo Evitante di Personalità o il Disturbo Narcisistico di Personalità. Infine, possono manifestarsi anche effetti fisici, come dolore cronico o sintomi precisi, ma dalle cause mediche non identificabili.

Anche i bambini possono sviluppare il PTSD, ma con conseguenze e sintomi diversi rispetto a quelli che si manifestano negli adulti: gli elementi del trauma possono essere rivissuti durante i momenti di gioco, l’iperattivazione si può attuare attraverso problemi di condotta, attenzione e concentrazione, gli incubi possono essere frequenti, ma non facilmente identificabili.

Trattamento del PTSD

Se non adeguatamente trattato, il Disturbo da stress post-traumatico cronico, con il tempo, potrebbe anche migliorare, ma non scomparire del tutto, lasciando i soggetti più o meno danneggiati.

PTSD ed EMDR

Sino a una trentina di anni fa, il modello principale utilizzato in psicoterapia per trattare il PTSD era quello dell’esposizione, con il quale si esponeva ripetutamente il soggetto a situazioni che, generalmente, evitava, con l’obiettivo di ridurre l’angoscia che esse gli provocavano. Oggi, la terapia d’elezione per il Disturbo da stress post-traumatico è l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), che si può considerare una forma avanzata di terapia dell’esposizione. Questo approccio evidence-based è raccomandato anche nelle Linee guida internazionali sul trattamento delle condizioni correlate allo stress. Attraverso l’EMDR, infatti, si ha accesso agli aspetti cognitivi, emotivi e fisici che la riproposizione delle scene traumatiche provoca nel paziente. Questa riproposizione viene associata a stimolazioni alternate bilaterali (BAS – stimoli uditivi, visivi o somato-sensoriali) che determinano un cambiamento nell’elaborazione cognitiva del ricordo, il quale scaturirà, infine, nell’eliminazione del disagio associato al trauma. Il protocollo EMDR applicato al Disturbo da stress post-traumatico risulta nella remissione dei sintomi e nel ripristino del normale stile di vita, come è possibile evincere da misure sia oggettive (fisiologiche), sia soggettive (verbali).

Il ruolo della famiglia e l’importanza di lavorare sull’ansia

Il ruolo della famiglia è estremamente importante. È necessario che lavori insieme al paziente sulla consapevolezza dell’evento che ha generato il trauma e sulla possibilità di aver sviluppato un Disturbo da stress post-traumatico. Dunque, prima ancora del trattamento vero e proprio, bisogna partire da una fase di educazione e di informazione sul PTSD. Riconoscere, poi, eventuali sintomi e agire tempestivamente per gestirli e trattarli è determinante per il successo del trattamento. Poiché l’ansia dei pazienti con PTSD è spesso molto intensa, i terapeuti devono avere un atteggiamento particolarmente empatico e comprensivo, riconoscendo e accogliendo la sofferenza psicologica e la concretezza degli eventi traumatici. Nei casi in cui si siano sviluppati comportamenti ritualistici (es. lavarsi ossessivamente per “pulirsi” dopo un’aggressione sessuale), è imprescindibile lavorare su di essi, in modo che diminuiscano fino a scomparire. Inoltre, durante il periodo del trattamento, a molti pazienti è spesso utile un metodo efficace per imparare a rilassarsi e a controllare l’ansia: mindfulness, esercizi di respirazione, yoga sono tecniche molto valide per imparare ad affrontare la ripetuta esposizione al trauma vissuto.

Dott.ssa Federica Majore
Psicologa del Comportamento Alimentare
Psicoterapeuta
3924131042
federica.majore@gmail.com