Il dizionario Treccani definisce la FOMO (Fear OF Missing Out) come: “La sensazione d’ansia provata da chi teme di essere privato di qualcosa di importante se non manifesta assiduamente la sua presenza tramite i mezzi di comunicazione e di partecipazione sociale elettronici interattivi”.

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Le due facce della FOMO

Letteralmente, FOMO – Fear OF Missing Out significa “paura di perdersi qualcosa”, ma non solo: questa definizione assume anche una sfumatura sociale, in quanto comprende la “paura di essere tagliati fuori”. In senso lato, infatti, la FOMO non è solo il timore di non vivere esperienze o di non essere presenti a eventi considerati soddisfacenti e appaganti, ma è anche una forma di ansia sociale dettata dal desiderio di rimanere costantemente in contatto con le attività degli altri e di non essere esclusi da determinati contesti sociali.

Le due facce della medaglia sono, dunque, l’ansia legata alla perdita di un’opportunità e l’angoscia relativa all’allontanamento dall’interazione sociale. Ciò comporta la preoccupazione compulsiva che gli altri possano fare esperienze gratificanti quando non si è presenti o direttamente coinvolti.

FOMO e adolescenza

Il fenomeno della FOMO non è ancora un disturbo d’ansia formalmente riconosciuto, ma riceve sempre più attenzione dalla comunità scientifica. Lo stesso concetto di Fear Of Missing Out è stato coniato per la prima volta dallo psicologo Andrew Przybylski, professore dell’Università di Oxford, che ha analizzato anche la correlazione tra FOMO e adolescenza (Przybylski et al., 2013).

L’adolescenza è un periodo cruciale per lo sviluppo: il rapporto con i genitori cambia e cresce il bisogno di appartenere a un gruppo. Insieme all’importanza attribuita alla “comitiva” crescono, dunque, anche l’intensità e l’intimità dei legami e delle relazioni con i pari, i quali diventano la prima fonte di supporto sociale. In questo contesto, “perdersi” qualcosa che riguarda i pari e il gruppo genera, in particolare nei giovani, un forte disagio.

FOMO e social media

Parallelamente alla nascita e allo sviluppo di nuove tecnologie si assiste alla nascita di nuove condizioni patologiche a esse legate. La necessità di sentirsi socialmente connessi è sempre esistita, ma il recente mutamento dei canali attraverso cui si sviluppano e mantengono le relazioni facilita l’emergere della FOMO e genera un tipo di ansia che è, sì, connaturata alla socialità umana, ma che oggi risulta amplificata e in grado di generare difficoltà emotive e relazionali.

I social media rappresentano “ottimi strumenti” per gratificare il bisogno di appartenenza, collegando le persone tra loro e contribuendo alla socializzazione. Se, però, da un lato l’opportunità di essere socialmente connessi è positiva, dall’altro lato l’esaltazione delle esperienze sociali e comunicative e la continua comunicazione attraverso i social media possono facilmente creare dipendenza. In caso di utilizzo eccessivo, internet e i social media possono arrivare a interferire negativamente con le attività quotidiane e chi è soggetto a FOMO è particolarmente incline a controllare il cellulare, specialmente quando:

  • Ci si è appena svegliati;
  • Si sta per andare a dormire (con conseguente rischio di sviluppare disturbi del sonno);
  • A scuola/all’università;
  • Al lavoro;
  • Alla guida.

Infatti, la FOMO è direttamente collegata alla dipendenza dai social media. In un momento storico in cui è possibile essere costantemente connessi con gli altri e di partecipare alla loro quotidianità tramite i social (su cui è possibile condividere “minuto per minuto” momenti della propria vita privata), non soddisfare il bisogno psicologico (che può diventare ossessivo) di monitorare continuamente ciò che viene pubblicato in modo da rimanere sempre aggiornati può provocare sofferenza emotiva e ansia quando ci si sente scollegati, portando, così, alla paura di essere tagliati fuori. Allo stesso tempo, però, si crea una contraddizione: il continuo controllo del mondo online, infatti, non risolve l’ansia ma, nel momento in cui ci si sente partecipi delle vite altrui solo passivamente e non attivamente, la alimenta e, nei casi peggiori, la dipendenza da smartphone, l’utilizzo patologico di internet e la FOMO possono sfociare in veri e propri fenomeni depressivi.

FOMO e confronto sociale

Negli studi di Przybylski, la FOMO viene collegata anche all’insoddisfazione personale. La terza faccia della FOMO riguarda, infatti, il confronto sociale. Quando ci si trova sui social media a scorrere il feed composto da migliaia di foto che esibiscono infinite esperienze positive, la sensazione è quella di non essere mai abbastanza e di non riuscire a vivere al meglio delle proprie possibilità. Ciò può causare:

  • Frustrazione;
  • Ansia;
  • Preoccupazione per il futuro;
  • Bassa autostima;
  • Stress.

FOMO e Terapia EMDR

Chi è soggetto a FOMO percepisce agitazione e irrequietezza che si alleviano solo con il controllo (compulsivo) dello smartphone. È importantissimo avere consapevolezza dell’esistenza della FOMO perché raramente si è consapevoli di soffrirne e ciò rende molto difficile rendersi conto di aver bisogno di un supporto psicologico. La psicoterapia, infatti, è fondamentale in questi casi. Tra le tecniche maggiormente efficaci per alleviare (e per risolvere) la FOMO c’è l’EMDR.

La terapia EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing, letteralmente “Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari”) è un metodo psicoterapeutico che consente di trattare sia psicopatologie, sia problemi legati a eventi traumatici ed emotivamente stressanti. Questo approccio, utilizzato in tutto il mondo e di efficacia comprovata dalla ricerca scientifica, consiste nella stimolazione bilaterale (solitamente tramite movimenti oculari) indotta dal terapeuta al fine di desensibilizzare il ricordo e la percezione del trauma o dell’evento stressante, con conseguente rielaborazione dello stesso.

In caso di FOMO, gli obiettivi principali della terapia e dell’EMDR sono:

  • Attivare nel paziente la consapevolezza dei momenti di FOMO, per regolare lo stato emotivo e diminuire (fino a eliminare) i comportamenti compulsivi;
  • Focalizzare l’attenzione sulle emozioni;
  • Combattere la preoccupazione dell’esclusione sociale e il timore di risultare disconnessi;
  • Regolare lo stato di ansia (suggerendo anche attività offline);
  • Darsi delle regole.

Dott.ssa Federica Majore
Psicologa del Comportamento Alimentare
Psicoterapeuta
3924131042
federica.majore@gmail.com